Al finire dell’anno la Chiesa invita i fedeli alla recita, o al canto, del Te Deum. In questo tempo di pandemia – con corollario di morti, Terrore, restrizioni e povertà – capita di domandarsi e sentire domandare cosa ci sia da ringraziare per l’anno trascorso.
Don Giacomo, nell’omelia di questo giorno, era solito richiamare i suoi amici a ringraziare per una cosa banale, ma che banale non è perché appartiene (è) all’essenziale della vita cristiana, cioè per il fatto che il Signore li aveva conservati nella fede, nella Sua fede. Così che, senza accorgersi, nella distrazione e nelle preoccupazioni dei giorni, può capitare, capita, per grazia, che trovi misterioso compimento – misterioso perché non è opera nostra – la preghiera dell’Attende Domine: “Quos redemisti, tu conserva Christe”. Di seguito un brano tratto dalla meditazione di Pasqua di don Giacomo “Il Figlio da se stesso non può fare nulla”.
«La fede è grazia, momento per momento. La fede è iniziativa Sua, momento per momento. La fede, momento per momento, è dono Suo. Quando san Tommaso d’Aquino dice: “Gratia facit fidem / È la grazia che crea la fede”, aggiunge un’espressione bellissima: in questo momento (se ci fosse qui uno che non crede), per far passare alla fede uno che non crede e per mantenere nella fede un povero fedele, ci vuole la stessa potenza di grazia. Per mantenere me in questo momento nella grazia della fede e per far passare uno (se ci fosse qui uno che non crede) dal non credere alla fede ci vuole la stessa potenza di grazia».