“Passerò il mio cielo a fare del bene sulla terra”. Così santa Teresina di Lisieux, di cui oggi ricorre la memoria. Nella ricorrenza riportiamo un ricordo della sorella Céline, pubblicato sulla rivista 30Giorni (n. 7-8 2007, per leggere l’integrale cliccare qui),
Teresa amava molto intrattenermi con queste parole che attingeva dal Vangelo: “Lasciate che i fanciulli vengano a me, perché di essi è il regno dei cieli… i loro angeli vedono continuamente il volto del Padre mio celeste… Chiunque diventerà piccolo come un fanciullo sarà grande nel regno dei cieli… Gesù abbracciava i fanciulli dopo averli benedetti”. Essa le aveva ricopiate sul retro di una immagine sulla quale c’erano le fotografie dei nostri quattro fratelli e sorelle partiti per il Cielo in tenera età. Me ne fece un regalo, tenendosene una simile nel breviario. Le foto sono ora, in parte, sbiadite dal tempo.
Sotto questi testi evangelici, ne aveva aggiunti altri, tratti dalla Sacra Scrittura, che la colmavano di gioia e sempre in relazione con lo spirito d’infanzia: “Beati quelli che Dio reputa giusti senza le opere, rispetto a quelli che fanno opere, perché la ricompensa non è considerata come una grazia da questi ultimi, ma come una cosa loro dovuta… È dunque gratuitamente che coloro che non fanno le opere sono giustificati dalla grazia in virtù della redenzione operata da Gesù Cristo”.
Ancora da 30Giorni (n. 2-3 2010, per l’integrale cliccare qui), un ricordo di suor Maria della Trinità. «Ciò che suor Teresa chiamava la sua “piccola via d’infanzia spirituale” era il continuo argomento delle nostre conversazioni. “I privilegi di Gesù sono per i più piccoli”, mi ripeteva. Era inesauribile sulla fiducia, l’abbandono, la semplicità, la rettitudine, l’umiltà del bambino piccolo, e me lo proponeva sempre come modello.
Un giorno, in cui le manifestavo il mio desiderio di avere più forza ed energia per praticare la virtù, lei riprese: “E se il buon Dio ti vuole debole e impotente come un bambino, credi di avere meno merito? Accetta dunque di vacillare a ogni passo, persino di cadere, di portare la tua croce debolmente, ama la tua impotenza; la tua anima ne ricaverà più profitto che se, trasportata dalla grazia, compi con slancio azioni eroiche, le quali riempirebbero il tuo animo di soddisfazione personale e di orgoglio”. Un’altra volta, in cui mi rattristavo ancora per i miei cedimenti, mi disse: “Eccovi ancora uscita dalla piccola via! Una pena che abbatte e scoraggia viene dall’amor proprio; una pena soprannaturale ridona coraggio, dà un nuovo slancio per il bene; si è felici di sentirsi deboli e miseri, perché più lo si riconosce umilmente, aspettando tutto gratuitamente dal buon Dio senza nessun merito da parte nostra, più il buon Dio si abbassa verso di noi, per colmarci dei suoi doni con generosità”».