Nella Liturgia di questi giorni, gli Atti degli apostoli sulla guarigione dello storpio, quando Pietro e Giovanni salgono al Tempio. Un miracolo che stupisce tutti. Così Pietro al popolo di Gerusalemme: “Uomini d’Israele, perché vi meravigliate di questo e perché continuate a fissarci come se per nostro potere o per la nostra religiosità avessimo fatto camminare quest’uomo?” (Testo CEI2008, Atti, 3, 12).
Dove è bellissimo quel cenno sulla religiosità, e tanto attuale, anche per certa religiosità cristiana che è pura astrazione, cioè psicologia rivestita di valori cristiani, e per quella religiosità cristiana che tutta si affida all’impegno umano, come fosse bastevole a compiere opere buone, cioè secondo la volontà di Dio.
E più oltre, ancora Pietro: “La fede che viene da Lui ha dato a quest’uomo la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi”. (Testo CEI2008, Atti, 3, 16). Riportiamo un brano di don Giacomo Tantardini (Roma, S. Pio V – 18/04/2007, “Il cammino al vero è un’esperienza”).
Oggi c’era una lettura stupenda dall’Apocalisse di San Giovanni, stupenda anche proprio come giudizio sulla gnosi del tempo apostolico, ma che ha somiglianze identiche alla cultura gnostica di oggi. Ad un certo punto Gesù, parlando ad un Angelo di una Chiesa, dice la cosa più bella: “Hai conservato la mia fede”. Non dice “la fede”, dice “la mia fede”.
La fede è la fede di Gesù: hai conservato la mia fede. Come è stupenda quella cosa; non è la fede nostra, è la “mia fede”, noi la possiamo solo conservare. Hai conservato la mia fede, “mia”, quella di Gesù.
Lui, colui che crea, che dona e che perfeziona la fede, iniziatore e perfezionatore della fede, come dice Paolo nella lettera agli Ebrei. Quel “mia” è di una familiarità stupenda: “Hai conservato la mia fede”. Anche la fede, che è la mia risposta, è la risposta alla sua domanda. È la sua fede, “la mia fede”.
19 aprile 2020, otto anni dalla morte di don Giacomo